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Negli Stati Uniti è stata avviata una nuova class action contro Spotify , accusata di non aver corrisposto compensi adeguati a musicisti e autori indipendenti. L’azione collettiva, presentata presso un tribunale federale della California, punta il dito contro presunte pratiche di pagamento scorrette e mancanze di trasparenza nella distribuzione delle royalties.
Le accuse principali
Secondo il documento depositato dai legali dei ricorrenti, Spotify avrebbe utilizzato brani musicali di artisti non affiliati alle principali società di gestione dei diritti senza garantire un corretto tracciamento delle licenze. In alcuni casi, i musicisti denunciano di non aver mai ricevuto alcun pagamento, nonostante i loro brani abbiano totalizzato migliaia di ascolti sulla piattaforma.
La controversia riguarda anche la recente espansione del catalogo “freemium”, dove la pubblicità sostiene l’ascolto gratuito. Gli artisti affermano che questo modello riduce ulteriormente le loro entrate rispetto agli abbonamenti premium, creando uno squilibrio che penalizza le produzioni indipendenti.
La risposta della piattaforma
Spotify ha dichiarato di “aver sempre rispettato le normative sui diritti d’autore e di collaborare con tutti i detentori dei diritti per garantire pagamenti equi”. L’azienda ha inoltre ricordato di aver distribuito miliardi di dollari in royalties dal suo lancio, sottolineando l’impegno nel supportare la crescita dell’ecosistema musicale digitale.
Possibili conseguenze

Se la causa dovesse avere seguito, potrebbe aprire una nuova stagione di confronti giudiziari fra le piattaforme di streaming e gli autori, con potenziali impatti sull’intero settore. Anche altri operatori come Apple Music e YouTube Music osservano con attenzione l’evolversi della vicenda, perché una sentenza sfavorevole a Spotify potrebbe creare un precedente legale significativo per tutto il mercato del digital streaming.
Reazioni dei sindacati degli artisti e impatto economico

Molti sindacati e associazioni di rappresentanza degli artisti hanno espresso preoccupazione e supporto nei confronti della nuova class action, sottolineando come l’attuale modello di distribuzione delle royalty rischi di penalizzare soprattutto i musicisti indipendenti e emergenti. Alcuni esponenti dei sindacati hanno invitato i propri iscritti a unirsi all’azione collettiva per chiedere maggiore trasparenza e diritti più equi, denunciando pratiche che, secondo loro, favoriscono le grandi etichette a discapito dei piccoli creatori.
L’azione legale potrebbe avere ripercussioni economiche significative su Spotify. In caso di sconfitta giudiziaria, la piattaforma potrebbe essere costretta a rivedere i criteri di attribuzione delle royalty, con un aumento dei costi operativi e una riduzione della redditività per il 2025 e gli anni seguenti. Inoltre, la crescente mobilitazione degli artisti – con episodi di boicottaggio e rimozione volontaria dei cataloghi – rischia di riflettersi negativamente sia sulla reputazione della piattaforma che sulla fidelizzazione degli utenti, esponendo Spotify a nuove pressioni concorrenziali anche da parte di altre piattaforme come Apple Music e YouTube Music .
Numerosi analisti stanno osservando con attenzione l’evolversi del caso, ipotizzando che possa aprire la strada a un rafforzamento dei diritti collettivi nel settore musicale digitale e a cambiamenti profondi nelle dinamiche economiche dello streaming online.