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La Federal Trade Commission (FTC) degli Stati Uniti, congiuntamente al Dipartimento di Giustizia (DoJ), ha intentato una causa nientemeno che contro Adobe. Causa che si riferisce alla presunta condotta di due dei suoi dirigenti, Maninder Sawhney e David Wadhwani, per pratiche ingannevoli legate agli abbonamenti software. L’accusa, in sostanza, è quella secondo cui Adobe abbia occultato le commissioni di cancellazione anticipata del loro piano d’abbonamento “annuale a pagamento mensile” e abbia complicato il processo di cancellazione.
La denuncia sostiene che Adobe abbia mostrato il costo mensile in maniera evidente, ma che abbia nel contempo omesso d’informare i consumatori sui costi effettivi associati alla disdetta entro il primo anno, con ciò registrandosi una violazione del Restore Online Shoppers’ Confidence Act. La FTC, guidata da Samuel Levine, ha richiesto sanzioni pecuniarie, rimborsi per i consumatori danneggiati e un’ingiunzione permanente contro ulteriori pratiche illegali. Il caso è ora in attesa di giudizio presso il tribunale distrettuale del Nord della California. Ma scendiamo più nei particolari, al fine di comprendere maggiormente la questione che vede protagonista un colosso dell’informatica a livello mondiale.
Contesto dell’Accusa ad Adobe
Nel 2012, Adobe ha compiuto un cambiamento strategico impattante nel modello di business perseguito. In pratica, è passato dalla vendita di licenze software permanenti a un sistema basato su abbonamenti. La transizione posta in essere ha avuto un impatto di non poco conto sulle modalità d’interazione dei consumatori con i prodotti Adobe, al momento in cui sono stati richiesti i pagamenti ricorrenti dovuti all’accesso ai famosi software di creatività, quali Photoshop e Illustrator.
Una mossa che ha trasformato le entrate di Adobe, con gli abbonamenti eletti, per l’appunto, la fonte principale di guadagno dell’azienda. Nell’ambito del nuovo modello creato, i consumatori sottoscrivono abbonamenti annuali, pagati su base mensile, che in pratica legano l’utente a continui pagamenti per tenere l’accesso ai servizi. Ciò ha consentito ad Adobe di stabilire un flusso d’entrate più prevedibile e sostenibile, a rafforzamento della sua posizione nel mercato del software.
Le accuse specifiche mosse dalla Federal Trade Commission (FTC) e dal Dipartimento di Giustizia (DoJ) contro Adobe riguardano, come si è già anticipato, pratiche ingannevoli connesse al piano d’abbonamento denominato “annuale a pagamento mensile”. Stando alla denuncia presentata, vi sarebbero commissioni nascoste, applicate dall’azienda, in relazione ad un recesso anticipato da parte del cliente. Adobe è accusata, in altre parole, di non aver informato adeguatamente i consumatori sul fatto che, l’annullamento dell’abbonamento durante il primo anno, comporterebbe una commissione piuttosto rilevante. Una commissione che, per quantificarla, equivarrebbe al 50% dei pagamenti mensili rimanenti, una somma sostanziale che molti consumatori non si aspettavano affatto di dover elargire.
Vi è poi la questione della procedura complicata di recesso. L’accusa sostiene che Adobe abbia reso intenzionalmente difficile la procedura di cancellazione dell’abbonamento. I consumatori dovrebbero così navigare tra numerose pagine web e incontrare resistenza da parte dei rappresentanti del servizio clienti, esperienze che avrebbero visto altresì chiamate interrotte e trasferimenti multipli nel corso della medesima chiamata.
Subentra poi la questione della mancata trasparenza. Stando a quanto espresso dalla FTC, le informazioni relative alla tassa di risoluzione anticipata sarebbero state opportunamente nascoste tra le righe in piccolo, o richiedevano che l’utente passasse il mouse su piccole icone per poterle leggere. Detta mancanza di trasparenza è stata quindi ritenuta ingannevole, dato che avrebbe impedito ai consumatori di compiere delle scelte liberamente informate.
Ultimo tassello, tra i capi d’accusa, è quello secondo cui Adobe avrebbe preselezionato il piano “annuale a pagamento mensile”, in qualità d’opzione predefinita, nell’arco del processo d’ acquisto sul sito web di competenza. I consumatori, sarebbero dunque stati spinti in direzione della suddetta scelta, in mancanza d’una chiara divulgazione delle implicazioni finanziarie in caso di cancellazione anticipata.
Le pratiche appena elencate, per come riportato sempre dall’ente accusatore, la FTC, violerebbero il Restore Online Shoppers’ Confidence Act, l’atto avente per obiettivo la protezione dei consumatori da pratiche commerciali ingannevoli online. In risposta, la FTC e il DoJ hanno richiesto sanzioni pecuniarie, rimborsi per i consumatori danneggiati e un’ingiunzione permanente volta a impedire la ripetizione di tali comportamenti.
Dettagli sulle sospette pratiche ingannevoli
Le pratiche suddette avrebbero avuto quale fino scoraggiare i consumatori dall’annullare i rispettivi abbonamenti, con l’incremento di probabilità che gli stessi continuassero a pagare, anche contro la volontà manifestata inizialmente.
Le dichiarazioni di Samuel Levine, direttore dell’Ufficio per la protezione dei consumatori della FTC, evidenziano la gravità delle accuse contro Adobe. Levine ha affermato: “Adobe ha intrappolato i clienti in abbonamenti annuali attraverso tariffe nascoste di risoluzione anticipata e numerosi ostacoli alla cancellazione”. Un commento atto a sottolineare l’intenzionalità di Adobe nel rendere difficile per i consumatori liberarsi degli abbonamenti non desiderati.
Levine ha altresì criticato la pratica d’occultamento delle informazioni da parte delle aziende: “Gli americani sono stanchi delle aziende che nascondono le informazioni al momento della sottoscrizione di un abbonamento e poi mettono ostacoli quando tentano di annullarlo”. Una dichiarazione, quest’ultima, dedita ad esprimere una frustrazione più ampia con le pratiche commerciali ingannevoli che affliggono i consumatori.
Come ultimo passo, riaffermando l’impegno della FTC, Levine ha dichiarato: “La FTC continuerà a lavorare per proteggere gli americani da queste pratiche commerciali illegali”, ponendo in rilievo la determinazione dell’agenzia nel perseguire e sanzionare dette violazioni.
Le altre implicazioni sotto accusa che si riverserebbero sui consumatori
Oltre a quanto già enunciato, c’è anche l’altro aspetto, quello attinente agli addebiti continui. In coerenza di ciò, si sarebbero riscontrati casi nei quali i clienti, con la convinzione d’aver annullato con successo il proprio abbonamento, avrebbero invece continuato a ricevere addebiti sulla carta di credito. Addebiti che sarebbero stati scoperti solamente mesi dopo, nel momento del controllo degli estratti conto dei consumatori. Qualcosa in grado di causare stress finanziario, con la richiesta d’ulteriori sforzi all’agognato fine dell’ottenimento dei rimborsi.
Tutte pratiche che, se verificate, influenzerebbero negativamente l’esperienza dal lato cliente, e che farebbero venir anche meno la fiducia nel modello basato su abbonamenti (l’ultimo approccio adottato da Adobe).
Cosa si sa della risposta di Adobe
Dal fronte di Adobe, l’azienda non ha ancora fornito una risposta pubblica dettagliata, in riferimento alle accuse mosse dalla FTC e dal DoJ. Tuttavia, in situazioni simili, è comune che le aziende coinvolte annuncino revisioni interne delle pratiche contestate e, se necessario, avviino misure correttive onde affrontare le problematiche sollevate. Adobe potrebbe impegnarsi a rendere più trasparenti i termini di cancellazione e le commissioni associate nei propri piani d’abbonamento, oltre a semplificare il processo di disdetta.
L’azienda potrebbe anche rafforzare la formazione del proprio personale d’assistenza clienti per cercare un’esperienza più positiva e meno frustrante per i consumatori che desiderano modificare o terminare i loro abbonamenti. Misure, quelle attese, si rivelerebbero certamente d’aiutare nel mitigare l’impatto legale e migliorare la reputazione dell’azienda, in presenza di (si spera) una ristabilita fiducia fra il grande marchio e i consumatori.
Un analisi dello scenario, con le probabili implicazioni future
Qualora il tribunale dovesse stabilire la veridicità delle accuse, Adobe sarebbe assoggettata a sanzioni pecuniarie severe. Le sanzioni che verrebbero poste in essere, non sarebbero intese esclusivamente come penalità per le pratiche passate, ma in aggiunta allo scopo di dissuadere comportamenti simili in futuro. Sempre laddove, è bene precisarlo ancora una volta, l’espletamento di tali pratiche sia verificato e dunque sia stato effettivo fino a questo momento.
Oltre a ciò, la FTC ha richiesto un’ingiunzione permanente contro Adobe. Una misura che costringerebbe l’azienda a modificare le pratiche commerciali emesse, a prevenzione di ulteriori violazioni. L’ingiunzione potrebbe comprendere la necessità d’una maggiore trasparenza per le informazioni relative alle commissioni di cancellazione, e semplificare il processo di disdetta degli abbonamenti. Modifiche idonee a riportare un impatto duraturo sul modello di business di Adobe.
Volendo vagliare le prospettive future inerenti alla regolamentazione delle pratiche di sottoscrizione e cancellazione nel settore del software, le stesse si evolverebbero verso un incremento della sorveglianza e delle normative. Governi e organismi regolatori, come la FTC, stanno intensificando gli sforzi al fine di proteggere i consumatori dalle pratiche ingannevoli. È probabile che vedremo nuove leggi e linee guida a richiesta d’un superiore livello di trasparenza nei termini di abbonamento e processi di cancellazione più semplici. Il che condurrebbe, qualora avvenisse, le aziende software a rivedere i modelli di business varati, con la finalità di una più certa conformità alle normative, e conseguentemente di maggiore fiducia e soddisfazione degli utenti.
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