Ultimamente, Spotify ha avviato una battaglia contro la musica originale distribuita in modo legale e associata in modo corretto ai musicisti da cui è stata scritta o registrata. Come mai?
La battaglia riguarda i “flussi artificiali” (“artificial streams”). Si tratta di una pratica scorretta, definita “takedown”. Secondo i dati finora raccolti, non è stata praticata dai distributori musicali, ma da singoli artisti o da loro fan. Questa pratica ha l’obiettivo di influenzare i dati di ascolto in favore dell’artista.
Cerchiamo di capire di cosa si tratta. Lo streaming artificiale è un fenomeno in aumento che, però, gli artisti devono evitare. Ne va non solo dei loro guadagni leciti, ma anche della loro reputazione.
Ecco una situazione comune:
- Un playlister, un servizio di marketing, un pubblicista, un’agenzia pubblicitaria, un manager, ecc. dice a un artista: “Pagami 300 €, e io ti aiuterò a ottenere più ascolti” (è una cifra d’esempio). Questi servizi sono presentati come legittimi, accompagnati da un’apparente reputazione buona. Si possono trovare facilmente negli annunci automatici dei social network (anche se, durante le ultime due settimane Facebook sembra averli automaticamente eliminati).
- L’artista paga per accedere al suddetto servizio.
- Il servizio, o playlist, non farà ascoltare la musica a un maggior numero di persone. Piuttosto, impiegherà dei bot (dei finti ascoltatori) per aumentare il numero di ascolti di una singola traccia o di una playlist.
- Quando l’artista va a guardare i dati di ascolto, si dice: “Wow! Ha funzionato!”. E, ipotizzando che i suoi guadagni saranno elevati, invia altro denaro.
- Lo fa ancora e ancora.
Sfortunatamente, questa pratica sta diventando sempre più popolare e si trasforma in una trappola per molti artisti intelligenti, di talento e ben intenzionati, che non avevano idea che questi servizi siano, in realtà, illegali.
Ogni mese, Spotify e altri servizi di streaming rilevano bot e playlist fraudolenti. Di conseguenza, rimuovono le tracce associate. Per fortuna, inviano ai distributori quanto successo, con la lista dei singoli brani musicali coinvolti. I distributori, poi, avvertono l’artista della situazione.
Secondo i dati raccolti, è stato riscontrato che questa pratica non è fatta solo dagli artisti, ma anche da loro collaboratori e addirittura dai fan. Visto che questi servizi omettono di essere fraudolenti e, naturalmente, non collaborano con i distributori, spesso gli artisti potrebbero non rendersi conto del raggiro.
Alcuni distributori hanno iniziato a muoversi. Per esempio, DistroKid ha dichiarato che “combatte per gli artisti e […] . Stiamo lavorando a una soluzione […] oper aiutare gli artisti a contestare gli avvisi di streaming artificiale e le eliminazioni dai servizi di streaming”. DistroKid ha promesso di venire incontro agli artisti offrendo un servizio gratuito per trovare una soluzione.
Visto che Spotify potrebbe aver eliminato la musica per errore, è stato creato un modulo, disponibile qui, per contestare la situazione.