Giovanni Correddu

Spotify consiglia ai musicisti di pubblicare nuova musica con regolarità, spesso suggerendo uscite settimanali per restare rilevanti nelle playlist algoritmiche e mantenere alta l’attenzione dei fan. Questo invito, però, si scontra con le modalità di pagamento attuali delle royalties sia per i diritti d’autore che per gli streaming, il cui funzionamento merita un’analisi critica e un confronto con altre piattaforme musicali.

Perché pubblicare ogni settimana?

Dal confronto con i responsabili e gli editor di Spotify, emerge un chiaro consiglio rivolto agli artisti: pubblicare musica spesso, idealmente anche su base settimanale, valorizza la propria presenza sulle piattaforme digitali. Questa strategia è motivata dal funzionamento delle playlist editoriali e algoritmiche: ogni nuova uscita offre l’opportunità di entrare nei radar della piattaforma e ottenere visibilità tramite Release Radar e playlist in evidenza.

Diversi editor e responsabili della piattaforma hanno dichiarato che un calendario di pubblicazione serrato è particolarmente efficace per mantenere vivo l’engagement dei fan e per massimizzare la ricorrenza fra le raccomandazioni automatiche.

Come funzionano i pagamenti di Spotify

Spotify paga principalmente due tipi di royalties: le “recording royalties” destinate ai titolari delle registrazioni (di solito etichette o distributori, che poi ripartiscono con gli artisti) e le “publishing royalties”, spettanti agli autori delle composizioni e ai loro editori.

Le somme vengono calcolate in modo pro-rata: tutte le entrate (abbonamenti e pubblicità) vengono raggruppate e redistribuite in base alla percentuale di stream generati da ciascun brano sul totale globale mensile.

Questo modello, però, premia i brani che generano milioni di ascolti e penalizza le uscite meno popolari. In Italia e in gran parte d’Europa, la suddivisione delle royalties viene gestita e liquidata dalle società di collecting come SIAE con cadenza trimestrale.

  • Pagamento medio per 1.000 stream su Spotify nel 2024-2025: circa 3,00 dollari; per stream singolo: 0,003 (free) – 0,005 (premium) dollari.
  • I pagamenti variano in base al paese, all’abbonamento e alla quota di mercato dell’artista.

Confronto con altre piattaforme di streaming

Le differenze tra i principali servizi di streaming musicale sono significative sul fronte delle royalties:

PiattaformaPagamento per 1.000 stream (USD)Pagamento per stream (USD)Modello di ripartizione
Spotify$3,00$0,003 (free) – $0,005 (premium)Pro-rata
Apple Music$6,20$0,01Pro-rata
Amazon Music $8,80$0,008Pro-rata
YouTube Music$4,80$0,0007–$0,001Pro-rata
Tidal (HiFi Plus)$6,80$0,012User-centric (solo abbonati HiFi Plus)

Nessuna piattaforma, salvo Tidal nel piano HiFi Plus, adotta il modello “user-centric”, in cui il 100% delle entrate dell’abbonamento di un utente viene assegnato solo agli artisti realmente ascoltati da quell’utente.

Questo modello garantirebbe un ritorno più diretto (ed equo) agli artisti indipendenti.

Criticità del modello pro-rata e pubblicazione settimanale

La pubblicazione settimanale suggerita da Spotify, pur moltiplicando le occasioni di essere inclusi nelle playlist, non si traduce necessariamente in maggiori entrate: il sistema pro-rata accentua la concentrazione dei pagamenti sulle hit globali e rende marginali i ricavi dei singoli brani con ascolti inferiori alla media della piattaforma. Un calendario aggressivo di release può aiutare la visibilità, ma non basta a garantire entrate stabili; e può anche peggiorare la percezione di “sovrapproduzione” fra gli ascoltatori.

In conclusione, mentre Spotify consiglia pubblicazioni frequenti per “giocare” con gli algoritmi, il modello attuale di pagamento delle royalties spesso non premia in modo soddisfacente chi adotta questo approccio, soprattutto se si tratta di artisti indipendenti o emergenti. Piattaforme come Apple Music e Amazon Music offrono compensi maggiori per stream, mentre il sistema user-centric di Tidal rappresenta oggi la proposta più virtuosa per una distribuzione dei ricavi equa e trasparente.

La parola a Spotify

Ecco una sintesi dei punti più rilevanti emersi dalle interviste recenti a Daniel Ek (CEO), Federica Tremolada (General Manager Europe) e agli editor responsabili delle playlist:

Estratti e dichiarazioni ufficiali dai responsabili Spotify

  • Daniel Ek (CEO Spotify):
    “Abbiamo sempre tenuto fede all’idea di rendere accessibile tutta la musica del mondo legalmente, compensando equamente gli artisti che la creano. Creare valore per consumatori e creatori è al centro del nostro modello. Il sistema di royalties ha distribuito oltre dieci miliardi di euro nel 2024. Vogliamo arrivare a un miliardo di utenti paganti e renderci indispensabili per ogni artista e fan”.
  • Federica Tremolada (General Manager Europe):
    “Nostro obiettivo è favorire una presenza costante degli artisti, con pubblicazioni regolari che mantengano l’engagement degli ascoltatori e alimentino le playlist algoritmiche e editoriali. La frequenza settimanale è una buona strategia per emergere, perché ogni nuova uscita è un punto di ingresso nelle raccomandazioni e nelle playlist di rilevanza”.
  • Playlist Editors Spotify (intervista Billboard, aprile 2025):
    “Seguiamo criteri che uniscono l’analisi algoritmica e la conoscenza diretta della scena musicale. Consigliamo agli artisti di mantenere una presenza attiva e di proporre musica con continuità; ciò favorisce l’inserimento nelle playlist principali e nelle novità di rilievo. Non è però una regola fissa: la qualità delle pubblicazioni resta il vero motore del successo”.
  • J.J. Italiano (Global Music Discovery Team):
    “Ci sono vantaggi a essere presenti con regolarità, ma la scelta tra playlist editoriali e algoritmiche va sempre bilanciata con una strategia artistica personale. Collaboriamo con tanti esperti, spesso il dialogo settimanale con gli artisti porta più valore che pubblicare senza pianificazione”.