Le due anime di Bill Gates, da benefattore a “filantrocapitalista”

È notizia di qualche settimana fa il divorzio tra l’inventore di Microsoft, Bill Gates e sua moglie Melinda. Da quanto emerso da un articolo sul “Corriere della Sera“, fra le cause scatenanti la crisi matrimoniale dei due miliardari comparirebbero una certa amante e delle accuse di molestie; elementi, questi, più che sufficienti per determinare il crollo di un mito, di un ‘miliardario generoso’, di un genio dell’informatica che ha fatto la storia del Personal Computer (PC). Tuttavia Bill Gates resta comunque un personaggio controverso che, di sicuro, nel corso degli anni si è creato non pochi nemici in special modo per le sue spiccate ‘doti affaristiche’.

La sua attività nell’universo di Microsoft ebbe inizio nel 1975 per poi concludersi verso la fine degli anni Novanta, quando Gates decise di abbandonare l’azienda per abbracciare completamente il mondo della filantropia. È infatti nel 2000 che insieme a sua moglie avviò la “Bill & Melinda Gates Foundation(BMGF), una fondazione privata nata con l’obiettivo di salvare vite, migliorare le condizioni globali e sconfiggere la poliomielite.

Bill Gates e la Fondazione

Secondo alcune statistiche, Bill Gates attraverso la sua fondazione avrebbe donato in vent’anni diversi miliardi di dollari per contrastare le ingiustizie che piagano il pianeta.  In un articolo del “Corriere della Sera” di un paio d’anni fa intitolato «Bill Gates è il benefattore più generoso: in 20 anni ha donato oltre 45 miliardi di dollari», è possibile delineare in misura meticolosa il profilo filantropico del grande programmatore. Insieme a Melinda, Bill si è proposto in questi decenni di «debellare la malaria – si legge – entro una generazione. Per questa specifica causa finora hanno donato oltre due miliardi di dollari; di questi ultimi, 4,1 milioni sono andati a Oxitec, società britannica di biotecnologia impegnata a sviluppare una zanzara maschio che eliminerebbe generazioni future di zanzare che trasmettono la malaria». 

Ma gli obiettivi della fondazione non si fermano qui. A questi si aggiungono la lotta all’Ebola e i 2,5 miliardi dati a un ente di cooperazione mondiale, la “Gavi Alliance”, fondato su progetti di costruzione di campagne vaccinali per bambini dei Paesi in via di sviluppo.

Una particolare attenzione è rivolta anche al tema della “time poverty“, ovvero al lavoro domestico delle donne in genere per nulla retribuito; l’intento di Bill e Melinda è quello di fornire supporto a quest’ultime, per esempio, con una fornitura più massiccia di contraccettivi. Inoltre molto caro ai due è garantire sostegni economici ai giovani studenti universitari di colore ed eliminare la fame in Nigeria con l’appoggio della “Fondazione Dangote“.

Da quanto si è potuto constatare, in tutta la sua esperienza lavorativa Gates agli interessi economici dell’azienda ha sempre affiancato molteplici approcci solidali, soprattutto a partire dal marzo 2020 quando ha deciso di lasciare una volta per tutte il consiglio di amministrazione della Microsoft per dedicarsi a pieno regime alla filantropia e ad altri temi, quali il cambiamento climatico, la sanità e l’istruzione. 

Nell’articolo «Bill Gates lascia il cda di Microsoft per dedicarsi alla filantropia» pubblicato su “La Stampa” il 13 marzo 2020, è riportata una dichiarazione che il gigante dell’informatica ha pronunciato al momento del suo congedo, dove afferma: 

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Uno degli uomini più ricchi al mondo

Microsoft a partire dagli anni Settanta ad oggi ha raggiunto un livello di capitalizzazione di mercato pari a 1210 miliardi annui e per questo Gates è conosciuto come uno degli uomini più ricchi al mondo. Pertanto – come lui stesso ha affermato – gli “obiettivi ambiziosi” non terminano qui ma continueranno a perpetuarsi nel corso del tempo. In effetti la ‘mano’ di Gates è stata evidente anche durante  questo periodo di emergenza sanitaria, dove miliardi di dollari sono stati investiti anche nella ricerca del vaccino per sconfiggere la Covid-19.  

A questo riguardo sembra quasi essere stata di ‘conforto’ la notizia riportata su “Il Giornale” nell’aprile 2020, proprio all’inizio della pandemia, dal titolo: «Bill Gates, il re dei filantropi che ora ci “regala” il vaccino». Gates attraverso la sua fondazione gestita insieme a Melinda, avrebbe stanziato miliardi di dollari per finanziare la ricerca e la produzione negli USA del vaccino anti Covid-19 denominato “INO-4800“.

Il vaccino anti Covid-19 “INO-4800” finanziato da Bill Gates

Gates “visionario” e finanziatore del vaccino anti Covid-19

Ma il contributo del gigante dell’informatica nell’ambito della pandemia non si circoscrive soltanto alla donazione di ingenti somme di denaro per sostenere la ricerca scientifica. Già ben cinque anni prima che la Covid-19 mettesse in ginocchio l’intero globo, Gates ‘predisse’ uno scenario pandemico di così vasta portata; non a caso il giornalista Marco Demarco de “Il Riformista” lo ha definito “filantropo e visionario” nel suo articolo del marzo 2020 dal titolo: «Ritratto di Bill Gates, filantropo e visionario: si è avverata la sua profezia sul Coronavirus». Da sottolineare che Demarco con questo non aveva alcuna intenzione di propinare teorie complottistiche e mistificatorie. Semplicemente il suo intento era mettere in risalto ancora una volta il genio e la sensibilità di Bill Gates nei confronti di nobili temi a carattere universale. In effetti durante una conferenza nel 2015 dedicata alla tecnologia e al design Gates annunciò:

«Se qualcosa ucciderà 10 milioni di persone nelle prossime decadi è più probabile che sia un virus molto contagioso e non una guerra. Non missili ma microbi».

L’obiettivo della conferenza era appunto fare luce sulla mancanza di preparazione dell’intero sistema sanitario nell’affrontare una malattia virale ancora più contagiosa dell’Ebola. Nel corso del meeting non sono mancati riferimenti anche all’influenza spagnola che nel 1918 uccise 30 milioni di persone. 

È fondamentale imparare dal passato, dunque, per contrastare una ipotetica ondata di malattie infettive. Gates durante la conferenza ha evidenziato l’importanza primaria di preparare il personale medico-sanitario ed affiancare i medici ai militari. Inoltre ha detto:

«Bisogna fare delle simulazioni sui germi, non di guerra, per vedere dove sono le lacune. E infine servono più ricerca e sviluppo nell’area dei vaccini e della diagnostica. Non so quanto potrebbe costare questa operazione ma sono certo che sia molto basso rispetto al potenziale danno».

Queste dichiarazioni, oggi, risultano più attuali che mai e trascinano con sé un fondo di estrema amarezza, dal momento che la Covid-19 ha messo ‘a nudo’ tutti i limiti e le falle del sistema sanitario, soprattutto quello italiano.

Pertanto lo spirito solidale e la lungimiranza verso temi di portata globale hanno sempre contrassegnato e distinto lo spirito di Bill Gates. Eppure a queste descrizioni che fanno del grande informatico statunitense una sorta di ‘gigante buono’ della solidarietà, esiste una lettura ‘parallela’ da affiancare, dove il fenomeno viene raccontato da un altro punto di vista. Di che si tratta?

La solidarietà dei miliardari nell’analisi di Francis Fukuyama

Francis Fukuyama

Per rispondere a questa domanda sarebbe interessante esaminare ciò che il politologo Francis Fukuyama chiosa nel suo libro “Identità“, dove affronta il tema della ‘competitività’ che risiederebbe tra quei miliardari che vogliono accaparrarsi il primo posto negli ambiti della filantropia:

«Quello che i miliardari cercano non è un livello assoluto di ricchezza, quanto piuttosto una posizione di superiorità rispetto agli altri miliardari».

Già qualche secolo prima sulla stessa falsariga il filosofo ed economista scozzese Adam Smith ne “La teoria dei sentimenti morali” si era imbattuto in questo argomento; e in maniera brillante osservava:

«Essere osservato, ricevere attenzioni, esser considerato con simpatia, compiacimento e approvazione sono tutti i vantaggi che derivano” dalla ricchezza. È la vanità che ci interessa, non il benessere o il piacere. Ma la vanità è sempre fondata sul credere di essere oggetto di attenzione e approvazione».

Pertanto, spesso dietro a un’azione filantropica si celano – gioco di parole permettendo – delle vere e proprie ‘azioni’ e manovre dettate da interessi meramente personali ed economici. L’esempio lampante di ciò è la figura di Bill Gates, perno portante di quel fenomeno che alcuni studiosi hanno non a caso battezzato con il nome di “filantrocapitalismo“.

Il “filantrocapitalismo” secondo Vandana Shiva e Nicoletta Dentico

In un’intervista rilasciata a “Repubblica” nel novembre scorso, Vandana Shiva, ambientalista, attivista politica ed economista indiana, si è imbattuta in questo tema così spinoso e controverso e ha spiegato nei dettagli in cosa davvero consiste il meccanismo filantropico innescato dai grandi possidenti del mondo.

«Bill Gates è sempre in agitazione alla ricerca di nuove opportunità – così Shiva – per utilizzare i suoi miliardi tramite la filantropia e creare nuove colonie di cui impossessarsi con le sequenze digitali dei sistemi viventi (…). È il nuovo Colombo che rivendica di inventare ciò che in realtà già esisteva, e ha rubato. Cancella la varietà del mondo vivente e della vita sociale, costruisce “il vuoto” come licenza di conquista, e poi costruisce il suo Impero sulla vita».

Da queste parole è possibile delineare il profilo di Gates che si configurerebbe come quello di un ‘nuovo colonizzatore‘ che conquista nuove terre, le espropria e ne prende possesso attraverso fondazioni solidali, le nuove ‘aziende’ dove poter investire il suo denaro e farlo fruttare in modo alternativo.

Dunque dietro le azioni filantropiche di quei pochi miliardari che popolano il pianeta, si celerebbe un nuovo modo di fare impresa e – paradossalmente – capitalismo. 

I luoghi di solito ‘presi d’assalto’ da questi moderni e ricchi colonizzatori in linea generale sono spesso terre martoriate dalla guerra, da epidemie e dalla fame; terre in cui la propria storia è stata cancellata, così anche il proprio futuro. Un’escamotage che i primi colonizzatori utilizzavano – come osserva sempre l’attivista indiana – per predare territori era quello di considerare questi come “terre vuote”; da qui era partita la costruzione del concetto di “Terra Nullius“.

È proprio attorno al “nulla”, al “vuoto” di queste terre che i conquistatori hanno sviluppato le più svariate forme di colonizzazione. Analoghi meccanismi avvengono anche oggi nel mondo della filantropia e, in particolar modo, di internet.

«. È riuscito anche a evitare il pagamento delle tasse in virtù di regole ed escamotage del “libero commercio” che gli hanno permesso di depositare il denaro accumulato nei paradisi fiscali. I nuovi miliardari come Mark Zuckerberg usano Facebook per intercettare le nostre menti, estrarre dati dai nostri comportamenti e manipolarli, indirizzare le nostre scelte e guidare le nostre relazioni, salvo poi venderle alla macchina dei soldi o a quella elettorale».

Anche la giornalista ed esperta di salute globale Nicoletta Dentico si è occupata in prima persona di questo argomento nel suo libro “Ricchi e buoni? Le trame oscure del filantrocapitalismo“, la cui prefazione è stata curata proprio da Vandana Shiva. Manlio Masucci, giornalista de “Il Manifesto” analizza la tesi della Dentico e apostrofa la fondazione benefica di Bill Gates come “un’azione tentacolare e all’avanguardia che coinvolge, fra gli altri, i settori dell’agricoltura, della medicina, della biotecnologia, dell’educazione e dell’informazione“.

Pertanto l’intento precipuo di queste ‘imprese filantropiche’ private è quello di scimmiottare la politica, laddove – è palese – il problema è strettamente politico. Dunque la ricerca di soluzioni ai gravi problemi dell’umanità risulterebbe compito dei politici e non di aziende private.

Vandana Shiva

La complessa macchina filantropica ed informatica dei miliardari, dunque, si costruisce intorno al depotenziamento dei governi e della politica, per sostituirsi a queste, col fine di determinare nuove dipendenze e anche nuove schiavitù. E questa tocca – come si è visto – diversi ambiti dello scibile umano, dalla scienza, all’informatica, a settore agroalimentare e biotecnologico. Ma l’obiettivo resta sempre il medesimo: la conquista di nuove terre vacanti e da ‘fertilizzare’; che siano esse fisiche o virtuali, non importa. E ciò che più conta è conquistarle con i mezzi più avanzati a livello tecnologico e scientifico.

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