Nello specifico DPA riporta che il famoso social network raccoglieva (e raccoglie?) i dati degli utenti, senza il loro specifico consenso, per poi rivenderli a agenzie pubblicitarie e simili. I problemi riscontrati dall’agenzia sono in ordine:
- dati relativi l’ideologia, il sesso, la religione e attività del browser sono raccolte tramite interazioni dirette con Facebook o con servizi di terze parti senza avvisare chiaramente l’utente dell’uso che viene fatto di questi dati
- raccolta di dati, anche dati protetti, per scopi pubblicitari senza il consenso dell’utente
- Facebook non ottiene un permesso definito e specifico per processare i dati dell’utente
- i dati raccolti non vengono cancellati quando non sono più utili allo scopo per cui erano stati raccolti, nemmeno dopo la richiesta esplicita dell’utente
Interessante anche il fatto che sia stata scoperta la tracciatura degli utenti tramite il pulsante LIKE di alcuni componenti aggiuntivi, i quali risiedono in pagine NON Facebook.
We take note of the DPA’s decision with which we respectfully disagree. Whilst we value the opportunities we’ve had to engage with the DPA to reinforce how seriously we take the privacy of people who use Facebook, we intend to appeal this decision.”
“As we made clear to the DPA, users choose which information they want to add to their profile and share with others, such as their religion. However, we do not use this information to target adverts to people.”